IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 691 del 2004
proposto  dal  comune di Francavilla di Sicilia (Messina), in persona
del  suo  sindaco  pro  tempore,  autorizzato  ad  agire in virtu' di
deliberazione  -  immediatamente  esecutiva  -  della Giunta comunale
n. 141 del 24 dicembre 2003, ai fini di questo giudizio elettivamente
domiciliato  in  Catania, via Giacomo Puccini n. 32, presso lo studio
dell'avv. Domenico  Arizzi, dei Foro di Messina, che lo rappresenta e
difende.
    Contro  il  Presidente  pro  tempore della Regione Sicilia, nella
qualita'  di Commissario delegato per l'emergenza rifiuti e la tutela
delle  acque,  giusta  nomina dei Ministro dell'interno - delegato al
coordinamento  della  Protezione  civile con d.P.C.m. del 10 novembre
1998   -  effettuata  con  ordinanza  n. 2983  del  31  maggio  1999,
pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, serie
generale,  n. 132  dell'8 giugno 1999, rappresentato e difeso ex lege
dalla   Avvocatura   distrettuale  dello  Stato  di  Catania,  e  nei
confronti:
        della  Presidenza  del  Consiglio  dei ministri, Dipartimento
della  protezione  civile,  e  per essa del Ministro dell'interno pro
tempore  cui  sono  state  delegate,  giusto d.P.C.m. del 10 novembre
1998,  le  funzioni  di  coordinamento della Protezione civile di cui
alla  legge  24 febbraio 1992, n. 225, rappresentato e difeso ex lege
dalla Avvocatura distrettuale dello Stato di Catania;
        della  Tesoreria provinciale dello Stato, sezione di Palermo,
quale soggetto incaricato di raccogliere, sulla contabilita' speciale
n. 2854,  i pagamenti a favore dell'ufficio del Commissario delegato,
rappresentata  e  difesa  ex lege dalla Avvocatura distrettuale dello
Stato di Catania;
    Per l'annullamento:
        dell'Ordinanza    commissariale    1°    agosto    2003    di
«Determinazione   della   tariffa  di  smaltimento  dei  rifiuti  non
pericolosi,   in  discarica  e  relative  modalita'  di  attuazione»,
pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana n. 47 di
venerdi'  31  ottobre  2003,  parte  prima,  nella  parte  in  cui il
Commissario delegato per la emergenza rifiuti e la tutela delle acque
ha stabilito che (art. 4, comma 1) «I soggetti conferitori di rifiuti
non pericolosi in discariche autorizzate nel territorio della Regione
Siciliana  sono  tenuti  a  versare  la tariffa, di cui al precedente
art. 1, entro il trentesimo giorno dalla fine di ciascun trimestre le
somme  saranno  versate  nel  seguente  modo:  la  quota  relativa al
post-mortem,   all'Ufficio  del  Commissario  delegato  salvo  quanto
previsto al successivo art. 7 (art. 4, comma 2) «I pagamenti a favore
dell'ufficio   del  Commissario  delegato  saranno  effettuati  sulla
contabilita'   speciale  n. 2854  intrattenuta  presso  la  Tesoreria
provinciale   dello  Stato,  sezione  di  Palermo,  ed  intestata  al
Presidente  della  Regione  Siciliana  nella  qualita' di Commissario
delegato  per l'emergenza rifiuti e la tutela delle acque.»; (art. 8,
comma  1)  «Il corrispettivo relativo alla gestione post-mortem delle
singole  discariche,  determinato in Euro 14,30 per tonnellata, sara'
versato  all'ufficio  del  Commissario delegato per essere utilizzato
per gli interventi di bonifica.»;
        dell'Ordinanza    commissariale    1°    agosto    2003    di
«Determinazione   della   tariffa  di  smaltimento  dei  rifiuti  non
pericolosi   in   discarica  e  relative  modalita'  di  attuazione»,
pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana n. 47 di
venerdi'  31  ottobre  2003,  parte  prima,  nella  parte  in  cui il
Commissario  delegato per l'emergenza rifiuti e la tutela delle acque
ha   comunque  dettato  disposizioni  che  violano  i  diritti  e  le
prerogative  del  comune di Francavilla di Sicilia, Ente territoriale
incaricato  della gestione di discarica comprensoriale realizzata nel
territorio del comune medesimo, in c.da Morfia.
        di  tutti gli atti comunque presupposti, connessi, coordinati
e  conseguenti  all'Ordinanaza  commissariale  1°  agosto  2003 sopra
indicata.
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto  l'atto  di  costituzione  in giudizio dell'amministrazione
resistente;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Designato  relatore  per  la  pubblica udienza del giorno 9 marzo
2006 il consigliere Vincenzo Salamone;
    Uditi  i  difensori  delle  parti  come  da  verbale  di pubblica
udienza;
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

                              F a t t o

    Con  il  ricorso  si  chiede  l'annullamento degli atti di cui in
epigrafe e vengono dedotte varie censure.
    Si  e' costituita in giudizio l'amministrazione resistente che ha
sollevato   l'eccezione   di   incompetenza  territoriale  di  questo
tribunale  amministrativo  regionale,  in conseguenza dell'entrata in
vigore  delle  norme  contenute negli artt. 2-bis, ter e quater della
legge  27 gennaio 2006, n. 21, in favore del Tribunale amministrativo
regionale Lazio, sede di Roma.
    Alla pubblica udienza del giorno 9 marzo 2006 la causa e' passata
in decisione.

                            D i r i t t o

    Preliminarmente  il  Collegio  deve darsi carico della incidenza,
nella presente controversia, delle norme contenute nell'art. 3, commi
2-bis,  2-ter e 2-quater del d.l. 30 novembre 2005 n. 245, introdotte
con la legge di conversione del 27 gennaio 2006, n. 21.
    Prevede il comma 2-bis di tale art. 3 che «In tutte le situazioni
di emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24
febbraio 1992, n. 225, la competenza di primo grado a conoscere della
legittimita'   delle   ordinanze   adottate   e   dei  consequenziali
provvedimenti  commissariali  spetta  in  via  esclusiva,  anche  per
l'emanazione   di   misure   cautelari  al  Tribunale  amministrativo
regionale del Lazio, con sede in Roma».
    In  definitiva  tale  recente disposizione di legge introduce una
deroga   all'ordinario   criterio   di   riparto   della   competenza
territoriale  dei  tribunali  amministrativi regionali, dettato dalla
legge   6   dicembre   1971,   n. 1034,   in   favore  del  Tribunale
amministrativo  regionale  del Lazio, prevedendo altresi', un'ipotesi
di  competenza funzionale, inderogabile e rilevabile d'ufficio (comma
2-ter).
    Pertanto,  in  forza  del  regime  di  competenza  introdotto dal
riportato  comma  2-bis,  applicabile  anche  ai  processi  in corso,
secondo  quanto  espressamente indicato al successivo comma 2-quater,
questo  tribunale,  nella presente controversia, dovrebbe limitarsi a
dichiarare   la   propria   incompetenza,  in  favore  del  Tribunale
amministrativo regionale del Lazio.
    Ritiene  tuttavia  il  Collegio che le richiamate disposizioni di
legge non vadano esenti da dubbi di costituzionalita'.
    Tali  dubbi  si pongono in primo luogo con riferimento all'art. 3
della  Costituzione,  per  la disparita' di trattamento che la deroga
alle  ordinarie  regole  di riparto delle competenze comporta, per la
tutela  giurisdizionale  delle  rispettive  posizioni giuridiche, tra
soggetti  in  situazioni eguali (destinatari delle ordinanze adottate
dagli  organi governativi o dai commissari delegati, nelle situazioni
di  dichiarata  emergenza, aventi efficacia limitata al territorio di
una  regione,  rispetto  ai  destinatari dei provvedimenti, aventi lo
stesso  ambito  di  efficacia, adottati, in via ordinaria - in genere
dagli  organi  esponenziali  di  enti  territoriali  regionali  o sub
regionali).
    Invero  la  disposizione in esame prevede, in tutte le situazioni
di  emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1 della legge 24
febbraio  1992,  n. 225,  l'attribuzione  di  competenza al Tribunale
amministrativo  regionale  del  Lazio  a conoscere della legittimita'
delle  ordinanze  adottate,  nonche' dei provvedimenti dei commissari
che  agiscano in virtu' della delega prevista dal successivo comma 4;
e  quindi  per  atti  che  possono  assumere, e normalmente assumono,
un'incidenza limitata a specifici ambiti territoriali.
    In  definitiva,  mentre  l'impugnazione di provvedimenti adottati
nell'esercizio  delle ordinarie attribuzioni rientra nella competenza
del  Tribunale  amministrativo  regionale  regionale  del luogo ove i
provvedimenti  hanno incidenza (art. 3 della legge n. 1034/1971), ove
sia stata dichiarata la situazione di emergenza ai sensi dell'art. 5,
comma  1  della  legge  24  febbraio 1992, n. 225, l'impugnazione dei
provvedimenti  volti  alla  cura  dei  medesimi  interessi,  idonei a
produrre  le  medesime  conseguenze,  ed  eventualmente  a comprimere
uguali   posizioni   soggettive   (quale   l'autorizzazione  prevista
dall'art. 27  del  d.lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, che viene in rilievo
nella   presente   controversia,   ordinariamente   attribuita   alla
competenza  delle regioni, con la partecipazione procedimentale degli
enti  territoriali  locali),  adottati dagli organi governativi o dai
commissari  all'uopo nominati (che peraltro frequentemente coincidono
con le medesime persone fisiche titolari degli uffici a cui spetta in
via  ordinaria  la  cura  dell'interesse  preso  in  considerazione),
rientra  nella  competenza  funzionale  ed inderogabile del Tribunale
amministrativo  regionale del Lazio, in forza della norma di legge in
esame.
    Tale   diversita'   non  appare  giustificabile  dalla  eventuale
maggiore  rilevanza  dell'interesse sotteso ai provvedimenti adottati
dal  governo  o dai commissari nominati ai sensi dell'art. 5, comma 4
della legge 24 febbraio 1992, n. 225.
    In  primo  luogo, nel nostro sistema non esiste una distribuzione
di  competenza  tra  i  diversi tribunali amministrativi regionali in
dipendenza  della  maggiore o minore rilevanza dell'interesse sotteso
al  provvedimento  impugnato;  ed  ove venisse in ipotesi, introdotta
apparirebbe  in  contrasto  con  le  disposizioni  costituzionali che
pongono  su  un  piano  paritario  i diversi tribunali amministrativi
regionali, distribuiti su base regionale (art. 125 Cost.).
    Ma   appare   decisiva   la   considerazione   che   il   rilievo
dell'interesse  preso  in considerazione non muta a secondo che venga
curato   attraverso   i   normali   strumenti  ordinamentali,  ovvero
attraverso  strumenti  ed  organi  extra  ordinem,  che  si vengono a
sovrapporre  alle  ordinarie  competenze  e procedure, per ragioni di
particolare urgenza.
    Invero  le  situazioni che giustificano lo stato di emergenza, ai
sensi  dell'art. 5, comma 1 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, non
si   caratterizzano   per   il   particolare  rilievo  dell'interesse
considerato,  ma  per  l'urgenza di provvedere nei casi «di calamita'
naturali,   catastrofi   o   altri  eventi  che,  per  intensita'  ed
estensione,   debbono   essere  fronte  ggiati  con  mezzi  e  poteri
straordinari»,  e  che  difficilmente potrebbero essere adeguatamente
affrontati in assenza di agili rimedi, immediatamente efficaci.
    E   se   la  straordinarieta'  degli  eventi  che  devono  essere
fronteggiati giustifica la straordinarieta' dei mezzi e dei poteri di
carattere sostanziale all'uopo previsti, la sottoposizione degli atti
adottati,  nell'ambito  della  rilevata  situazione  di  emergenza, a
peculiari  regimi  di  impugnazione  appare del tutto irragionevole e
sembra   comportare   un'ingiustificata   lesione  dell'art. 3  della
Costituzione.
    Peraltro,  che  le  disposizioni  di  legge in esame non possano,
neanche  in tesi, trovare fondamento in una ipotetica - ma a giudizio
del  Collegio inesistente - maggiore rilevanza dell'interesse curato,
e'  comprovato dal fatto che il regime derogatorio previsto dal comma
2-bis  dell'art. 3  della legge n. 21/2006, quale risulta chiaramente
dalla formulazione letterale della norma, riguarda le ordinanze e gli
atti  commissariali adottati nelle situazioni di emergenza dichiarate
ai  sensi  dell'art. 5, comma 1 della legge 24 febbraio 1992, n. 225,
ma  non i provvedimenti che tali situazioni di emergenza dichiarino e
che,   ove   si  riferiscano  a  situazioni  di  limitata  estensione
territoriale,  come  sovente  accade,  continuano  a  rientrare nella
ordinaria  competenza  del  Tribunale  amministrativo regionale della
regione in cui il provvedimento e' destinato ad avere incidenza.
    Di  tal  che,  ad  esempio, nella fattispecie in esame, mentre il
provvedimento governativo (deliberazione del Consiglio dei ministri e
successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri: art. 5,
comma 1, legge 24 febbraio 1992, n. 225) concernente la dichiarazione
dello  stato  di  emergenza  nell'ambito della Regione Siciliana, nei
settori considerati, ed il conseguente atto di nomina del Commissario
delegato,  rimarrebbero  suscettibili  di  impugnativa nell'ordinaria
sede  territoriale  periferica  competente  (Tribunale amministrativo
regionale   Sicilia),   i   provvedimenti   adottati   dall'autorita'
straordinaria   per  ultimo  citata  rientrerebbero  nella  esclusiva
cognizione  del  Tribunale  amministrativo  regionale  Lazio, sede di
Roma.
    L'irragionevolezza del disegno complessivo che ne consegue, oltre
ad  elidere  qualsiasi  possibilita'  di individuare valide ragioni a
supporto   della   deroga   introdotta,  tali  da  non  portare  alla
conclusione  che  le  disposizioni  in esame determinano, puramente e
semplicemente, un' ingiustificata disparita' di trattamento, non puo'
non  essere  autonomamente valutata anche per la lesione al principio
costituzionale  di ragionevolezza, che deve presiedere alla redazione
dei testi di legge.
    Il   Collegio   ha   ben   presente   la   sentenza  della  Corte
costituzionale   n. 189/1992,   con   la   quale  e'  stato  ritenuto
compatibile  con  il  dettato  costituzionale l'art. 4 della legge 12
aprile  1990  n. 74,  che  attribuisce  al  Tribunale  amministrativo
regionale  Lazio la competenza esclusiva sull'impugnazione degli atti
del C.S.M.
    Ma  in  quella  circostanza,  a giustificazione della deroga alla
ordinaria  competenza  prevista  dalla  legge  n. 1034/1971, e' stata
posta  in rilievo la particolare posizione che il Consiglio superiore
della  magistratura occupa nell'ordinamento costituzionale, oltre che
la  peculiare funzione svolta dai magistrati ordinari, che li rendono
non  assimilabili  o  comparabili  ad  altre  categorie  di  pubblici
dipendenti;  circostanze del tutto estranee alle vicende per le quali
trova applicazione la norma in esame.
    Peraltro  non sembra secondario rilevare che il foro previsto per
i   pubblici   dipendenti   dal   comma  2  dell'art. 3  della  legge
n. 1034/1971,  costituisce  gia'  una  deroga,  seppur  di  carattere
generale,  alla  prioritaria  regola prevista dal medesimo comma, che
individua,  quale principio cardine della distribuzione di competenza
tra   i  diversi  tribunali  amministrativi  regionali,  l'ambito  di
efficacia del provvedimento impugnato.
    Da  cio'  consegue  che,  in  dipendenza  del  particolare  ruolo
costituzionale  rivestito  dal  C.S.M.  e  della particolare funzione
svolta   dai  magistrati  ordinari,  non  appare  irragionevole  che,
rispetto  a  provvedimenti che hanno efficacia sull'intero territorio
nazionale,  il Legislatore ritenga piu' opportuno seguire il criterio
prioritario  di  distribuzione di competenza tra i diversi Tribunali,
piuttosto  che  il  criterio derogatorio costituito dal foro speciale
per i pubblici dipendenti.
    Ma   anche   tale   linea   argomentativa   sarebbe   del   tutto
inutilizzabile  rispetto  alla  vicenda  in  esame, nella quale viene
derogato  proprio  il  criterio  principale  di  distribuzione  della
competenza  tra i diversi tribunali amministrativi regionali, fondato
sulla incidenza territoriale del provvedimento impugnato.
    Invero, la deroga prevista dai commi 2-bis e seguenti dell'art. 3
del  d.l.  30  novembre  2005,  n. 245,  introdotti  con  la legge di
conversione  del 27 gennaio 2006 n. 21, rispetto alle regole generali
di  distribuzione  della  competenza indicate dall'art. 3 della legge
n. 1034/1971,  non  appare  supportata  da alcuna plausibile ragione,
dotata   di   copertura  costituzionale,  idonea  a  giustificare  la
disparita'  di  trattamento che indubbiamente si viene ad operare tra
situazioni  eguali,  con  conseguente lesione dei principi desumibili
dall'art. 3 della Costituzione.
    Le  disposizioni  di legge in esame appaiono inoltre in contrasto
con  l'art. 24  della  Costituzione,  in  quanto  l'attrazione  delle
controversie    ivi    previste   alla   competenza   del   Tribunale
amministrativo  regionale  del  Lazio  indiscutibilmente  comporta un
ingiustificato  aggravio organizzativo e di costi a cui devono andare
incontro  i  soggetti  incisi dai provvedimenti adottati dagli organi
governativi   e   dai   commissari,  nelle  situazioni  di  emergenza
dichiarate ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio
1992,  n. 225,  che  intendano tutelare in giudizio le loro posizioni
soggettive,  con  riguardo  ai  provvedimenti  localizzati  in ambiti
territoriali non ricadenti nella Regione Lazio.
    La   lesione   al   principio   desumibile   dall'art. 24   della
Costituzione risulta ancor piu' significativa se si tiene conto della
molteplicita'  e della varieta' dei provvedimenti che rientrano nella
previsione  di  legge,  tali  pertanto  da toccare interessi idonei a
frazionarsi in molteplici ed eterogenee posizioni soggettive.
    Viene   altresi'  vistosamente  conculcato  anche  il  principio,
enunciato  in  Costituzione,  del  decentramento  territoriale  della
giurisdizione amministrativa, attuato, fin dal 1971 (legge 6 dicembre
1971,   n. 1034),   con   l'attribuire  ai  tribunali  amministrativi
regionali  la  cognizione  di  tutte le controversie scaturenti dalla
contestazione  di  atti  della  p.a.  destinati  ad esaurire i propri
effetti in loco.
    Sotto  questo  aspetto,  le  norme  in  esame risultano quindi in
contrasto anche con l'art. 125, secondo comma, della Costituzione.
    Ritiene  invero  questo giudice remittente che, con la previsione
di  organi  di  giustizia  amministrativa  di  primo  grado in ambito
regionale,  il  Costituente  abbia inteso garantire una distribuzione
territoriale dei tribunali amministrativi regionali tale da agevolare
il  ricorso  alla giustizia amministrativa, in sostanziale coerenza e
continuita'  logica  con  i  principi  desumibili  dall'art. 24 della
Costituzione.
    Se e' vero che il Tribunale amministrativo regionale del Lazio fa
comunque  parte del complesso della giustizia amministrativa di primo
grado, articolata su base regionale, e' pur vero che l'attribuzione a
tale  Tribunale  amministrativo  regionale  di controversie in nessun
modo  connesse  a criteri di .distribuzione territoriale, finisce per
svuotare di contenuto la previsione dell'art. 125 della Costituzione,
violando il senso del principio in esso espresso, e creando una sorta
di  gerarchia  tra i Tribunale amministrativo regionale territoriali,
incompatibile  con  il  dettato  e  lo  spirito  della Costituzione e
realizzando  anche  un  non irrilevante vulnus del principio generale
del   «giusto   processo»,   quale  desumibile  dal  testo  novellato
dall'art. 111 della Costituzione.
    Infine  le  norme  di  legge  in esame risultano in contrasto con
l'art. 23  dello  statuto  speciale  della  Regione Siciliana - regio
decreto  legislativo 15 maggio 1946 n. 455, convertito il legge cost.
26  febbraio  1948,  n. 2  e  s.m.i.  -  che  prevede che «Gli organi
giurisdizionali centrali avranno in Sicilia le rispettive sezioni per
gli affari concernenti la Regione»; norma di rango costituzionale, in
attuazione  della  quale,  con  il decreto legislativo 6 maggio 1948,
n. 654  e  s.m.i.,  e'  stato  istituito  il  Consiglio  di giustizia
amministrativa  per  la  Regione  Siciliana,  che  svolge funzioni di
giudice  d'appello  per  tutte  le  impugnazioni  proposte  avverso i
provvedimenti  giurisdizionali  adottati dal Tribunale amministrativo
regionale della Sicilia.
    Invero  non  appare  discutibile  che i provvedimenti adottati da
organi dello Stato centrale, nelle situazioni di emergenza dichiarate
ai  sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225,
con   efficacia   territoriale   limitata   alla  Regione  Siciliana,
costituiscano  «.....  affari  concernenti  la  Regione», e rientrino
pertanto  nel  novero di quelli attribuiti alla competenza del C.G.A.
dall'art. 23  dello  statuto  della  Regione Siciliana, cosi' come si
verifica   per  gli  analoghi  provvedimenti  adottati  dagli  organi
ordinari  dello  Stato, aventi efficacia limitata al territorio della
Regione Siciliana.
    Lo  spostamento di competenza per le controversie di primo grado,
dal  Tribunale  amministrativo  regionale  della Sicilia al Tribunale
amministrativo  regionale  del Lazio, comporta conseguentemente anche
il mutamento del giudice d'appello, e quindi la sottrazione al C.G.A.
di  alcune  delle  controversie  ad  esso attribuite dalla richiamata
disposizione  di rango costituzionale, con inevitabile violazione del
suo disposto. Non sembra superfluo ricordare, a questo riguardo, come
ormai   costituisca  jus  receptum,  sia  in  giurisprudenza  che  in
dottrina,  che  il  plesso  giurisdizionale «Tribunale amministrativo
regionale  Sicilia, C.G.A. per la Regione Siciliana» costituisca, per
effetto  delle  norme  statutarie  citate, un vero e proprio comparto
dotato  di competenza funzionale a conoscere di tutte le controversie
insorgenti  nell'ambito  territoriale della Regione Siciliana e nello
stesso  ambito esaurentisi, sicche' una eventuale deroga - come nella
specie  -  non  assistita  da  adeguato  supporto  parimenti di rango
costituzionale,  allo  stato  inesistente,  non  puo'  sfuggire  alle
censure qui ipotizzate.
    Senza  dire che appare quanto meno in controtendenza, rispetto ad
un   momento   caratterizzato   da   una   avanzata  elaborazione  di
significative  riforme  nell'assetto costituzionale della Repubblica,
tendente  ad  accentuare il carattere «pluralistico» (federale) della
medesima,  introdurre  in  materia  di  giurisdizione  amministrativa
modifiche di segno vistosamente accentratore.
    Si rileva, infine, come, susciti dubbi di costituzionalita' anche
il  regime transitorio previsto dalle disposizioni di legge in esame,
che   trova  applicazione  alla  controversia  oggetto  del  presente
giudizio.
    Invero,  lo  spostamento  di  competenza  che  comporta  il comma
2-quater  dell'art. 3  anche  per i giudizi in corso al momento della
entrata   in  vigore  delle  disposizioni  in  esame,  legittimamente
instaurati   presso  i  diversi  Tribunale  amministrativo  regionale
territoriali,  secondo  le  disposizioni  di legge vigenti al momento
della  loro  proposizione,  appare  in  contrasto con l'art. 25 della
Costituzione,  determinando  la  sottrazione del giudizio al «giudice
naturale precostituito per legge».
    Analoghe  questioni di costituzionalita' sono state sollevate dal
Tribunale amministrativo regionale Sicilia - sede di Palermo, sez. 1A
con  ord. n. 67 del 6 marzo 2006 e della sezione staccata di Catania,
sez. 1ª, n. 90 del 7 marzo 2006.